Come trasformare un’idea in un successo? Interpretando e seguendo l’onda del cambiamento, diversificando e con un buon team: l’intervista all’avvocato Ettore Marzano.
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Morris: “Ciao, benvenuto a te che ci ascolti, benvenuta. Siamo qui oggi insieme con Ettore Marzano, ciao Ettore, e io sono Morris di Sferya.com. Allora Ettore, dicci un po’, chi sei e di cosa ti occupi?”
Una start up innovativa per rispondere a un bisogno del mercato
Ettore: “Nome e cognome l’hai già detto tu. Allora sono Ettore Marzano e vivo a Barletta che si trova in Puglia. Di cosa mi occupo? Sono un avvocato e da qualche anno mi sto dedicando fra le varie cose che faccio, fra i vari progetti che porto avanti, di una start up innovativa. Questa è stata costituita praticamente un paio di anni fa e a sua volta ha inglobato un brevetto creato da me e da un mio socio anni prima. Questo brevetto non è altro che una procedura anticontraffazione, cioè una tecnologia anticontraffazione, quindi finalizzata ad ottenere con una certa affidabilità, piuttosto elevata, l’autenticità di prodotti X”.
(interruzione)
Morris: ” Abbiamo avuto qualche problema perché il buon Ettore, anche a orari tardi la sera, ha ricevuto una telefonata di lavoro. Il bello della diretta. Ci stavi parlando di questa start up che esiste da 2 anni e che si occupa di anticontraffazione. Un brevetto che appunto avete depositato tu e un tuo socio anni prima”.
Ettore: “Esatto, la start up ha inglobato questo brevetto che in buona sostanza ha all’oggetto una procedura che si basa sostanzialmente sull’utilizzo dei cartellini elettronici e un’applicazione che viene personalizzata per ciascun cliente, quindi per ciascun brand. A prescindere che si tratti di settore moda, enogastronomia o componenti di ricambio per stampanti, per dirne una a caso. Anche perché la contraffazione di fatto è molto presente in tanti settori e, per assurdo, c’è anche là dove non c’è magari un elevato valore aggiunto del prodotto. Anche quando si tratta di prodotti a basso costo la contraffazione è dietro l’angolo, anche in quei casi, paradossalmente.
Ecco, questa questa start up è attualmente operativa, come dicevo prima, soprattutto nel settore moda e nel settore fashion. Ha già fatto dei progetti per brand importanti e ce ne sono altri in arrivo. La cosa carina e interessante di questo progetto sta proprio nella personalizzazione che noi mettiamo a disposizione di ciascun brand. Quindi ciascun singolo cliente può avere la sua app personalizzata, che gli permette anche di raccogliere i dati dei suoi stessi consumatori. Bypassando così una serie di passaggi che esistono in quella che è poi la catena di distribuzione commerciale dei prodotti e che, soprattutto nel nostro Paese, è ancora molto basata sulla figura di un agente o una persona fisica che filtra in qualche maniera quello che potrebbe essere un filo diretto fra chi produce e chi acquista un determinato bene.
Quindi questo progetto molto carino che stiamo portando avanti, in qualche maniera, risponde a entrambe le esigenze. Da una parte garantire e tutelare il consumatore e, quindi, dargli la certezza che quel prodotto sia autentico; e dall’altra poter creare un filo diretto con lo stesso, bypassando tutta una serie di passaggi che spesso sono inutili, costosi e anche, come dire, dispersivi e dannosi. Perché comportano in qualche maniera un “distorcimento”, anche se forse non è il termine giusto, delle informazioni raccolte” che quindi diventano fuorvianti per l’azienda che le utilizza”.
Morris: “Sicuramente un’idea molto innovativa e soprattutto in Italia vediamo che ce n’è un assoluto bisogno, visto che ogni giorno vediamo prodotti italiani contraffatti un po’ in tutto il mondo e anche in Italia”.
Come si passa da un’idea a un progetto reale? Le difficoltà
Morris: “Ti chiedo: sicuramente dall’idea alla realizzazione ci sono stati vari passaggi. Volevo capire se è stato un passaggio, come dire, “passo dopo passo siete arrivati dove siete ora” oppure ci sono state delle difficoltà che col tempo, con lo studio e la pianificazione avete dovuto in qualche modo superare?”
Ettore: “Sì il passaggio non è stato immediato assolutamente. Io credo che un po’ in tutte le attività che una persona decide di far partire ci debbano essere dei passaggi la cui durata dipende, ovviamente, da quanto tempo ci si dedica, da quanta passione da quante risorse si hanno (che a volte sono determinanti). Nel mio caso specifico, il primo step importante che abbiamo dovuto in qualche maniera superare è stata proprio la concessione del brevetto. Le procedure di rilascio di brevetto sono molto lunghe e macchinose. L’idea è sottoposta a tutta una serie di passaggi e di valutazioni che sono finalizzate a capire se effettivamente ci sia il carattere della novità. Se io domani, supponiamo, mi invento una sedia che vola, il competente dell’ufficio dovrà dire se effettivamente non esistono altre sedie che volano in giro, se nessuno l’ha brevettata e stabilire che quindi quella è un’idra nuova e innovativa tale da meritare la protezione che spetta ai brevetti in quanto tali. Quindi quello è stato il primo step. Abbiamo poi dovuto apportare delle modifiche, specificare meglio una serie di passaggi. Insomma, ne è passato di tempo. Però ci credevamo, l’abbiamo portato avanti e alla fine il brevetto l’abbiamo ottenuto.
C’è stata poi la fase di realizzazione pratica di quello che avevamo in mente. Sapevamo che si poteva realizzare e che era una cosa fattibile. Ma ovviamente abbiamo dovuto trovare i partner giusti a livello tecnologico, di software, per realizzare la cosa e trovare anche il modo migliore per realizzarla, nel modo più semplice e più snello per far sì che funzionasse meglio sul mercato. Importante perché alla fine è lì che ci si va a confrontare.
Però, ci piaceva l’idea di aver un progetto nuovo che non era mai stato realizzato fino a quel momento e soprattutto si trattava di un business scalabile che è la cosa più difficile oggi. Se hai un’azienda, servono dei macchinari per produrre di più. Produrre di più significa aver più costi. Il nostro business, essendo un business scalabile, permette di avere più profitti, mantenendo dei costi fissi tutto sommato simili passaggio per passaggio. Quindi, per risponderti, sì sono tanti i passaggi che vanno affrontati”.
Reinventarsi ogni giorno: buttarsi a capofitto nel cambiamento dinamico
Morris: “Ascolta, Ettore, mi ha incuriosito questa cosa. Tu o il tuo socio vi occupavate di App? Qualcuno di voi aveva già questa affinità oppure siete due imprenditori che si sono avvicinati a questo mondo e che hanno dovuto imparare da zero come funzionava questo tipo di ambito?”
Ettore: “Abbiamo dovuto imparare quasi da zero, essendo un avvocato e occupandomi di altro. La tecnologia però mi ha sempre affascinato. Un’app non saprei scriverla io, ma qualcosa del settore “mastico” quindi nel momento in cui si pensava di realizzare realmente il progetto, di fatto, abbiamo capito che l’idea era fattibile. Entrambi insomma un po’ si “masticava” un po’ di tecnologia e, soprattutto, entrambi abbiamo un po’approfondito e un po’ studiato quello che era il campo di applicazione, il settore, le problematiche che c’erano e quindi che tipo di offerta era necessario presentare sul mercato per renderla appetibile.
La molla propulsiva: come si affronta il cambiamento?
Morris: “Certo, certo. Ascolta, se noi guardassimo l’imprenditore Ettore Marzano in quello che è stato un po’ il suo percorso evolutivo nel corso del tempo: secondo te, come hai affrontato il cambiamento che viviamo tutti i giorni?”
Ettore: “Personalmente, per personalità e carattere, sono sempre stato uno che ha sempre avuto il terrore di trovarsi a non far nulla e con le mani in mano. Quindi, dal momento che questa cosa a me fa paura, è questa che per me è stata, paradossalmente, la molla che mi ha sempre aiutato e spinto a far sempre di più e a non fermarmi mai. Non sono uno che si culla, anche in quella che è la mia professione, cioè avvocato in questioni medico-legali, non mi fermo mai. Quindi cerco sempre nuovi canali, nuove questioni da trattare e affronto ogni singolo caso con una notevole tenacia: faccio un po’ come il pitbull quando attacca la preda e non la lascia fin quando non ha ottenuto il suo risultato.
Nel percorso che abbiamo fatto per il progetto anti-contraffazione c’è stata un po’ la stessa logica. Quindi il poter diversificare, il poter fare qualcosa di nuovo e quindi il poter affrontare una tematica che poteva essere un business attuale rispecchia questo modo di approcciarsi alle cose. Il problema è cercare di essere “attuale”. Se fai una cosa che esiste già, non va bene; se fai una cosa troppo innovativa, non la capisce nessuno, quindi, non funziona. Bisogna fare una cosa “attuale”. Quindi il concetto, come dicevi tu, di doversi adattare oggi più che mai sicuramente va preso in seria considerazione, adattandosi in maniera diversa a seconda della posizione e del carattere che si ha. Non tutti, probabilmente, hanno questa capacità: c’è chi ce l’ha in misura maggiore, chi in misura minore. Credo, comunque, che sia un qualcosa di assolutamente importante e da non trascurare. Nel caso mio è “fisiologica” quasi, perché ho il terrore di non riuscire a cambiare e ad adattarmi in base a quello che c’è da fare.
Allo stesso tempo, però, penso bisogna sempre cercare di fare qualcosa che piace. Se fai una cosa che ti piace, arrivi prima o poi ai risultati: forse ci puoi mettere un anno in più, un mese in meno, due anni in più ma ci arrivi. Se invece fai tutta la vita una cosa che non ti piace, non ti riuscirà mai bene, non ti adatterai a nulla e probabilmente avrai anche delle ricadute sul piano della salute. Io la vedo così”.
Morris: “Assolutamente sì. Con questo discorso mi fai venire in mente la cosiddetta “molla propulsiva”. Una teoria secondo cui ognuno di noi di fatto agisce, si porta verso un risultato che vuole attraverso due strategie fondamentalmente:
- una strategia del “voglio ottenere qualcosa che adesso non ho”
- una strategia del “voglio evitare qualcosa che potrebbe succedere”.
Quindi la strategia che tu appunto mi stai definendo adesso è la seconda. Cioè, dici, “siccome non voglio rimanere con le mani in mano, mi sono sempre dato da fare e questo ti ha portato a ottenere determinati risultati che, appunto, sono assolutamente risultati importantissimi. Bravo e complimenti perché tante persone subiscono il cambiamento con frustrazione. A te invece porta a continuare a cambiare, ad evolverti e i risultati poi si vedono”.
Il segreto del successo nella vita, secondo chi ha osato e ce l’ha fatta
Morris: “Delle difficoltà abbiamo già parlato. Ti chiedo: il segreto del tuo successo? Vuoi darci un po’ un consiglio per chi ci sta ascoltando? Che cos’è che si può fare per ottenere il successo che cerchiamo nella vita?”
Ettore: “Grazie intanto per aver utilizzato il vocabolo successo. “Successo” è una parola importante. Credo che vada però sempre rapportata al singolo individuo. Per me il successo può essere svegliarmi ogni mattina alle 11, andare in bicicletta, fare il caffè, fare una chiacchierata con gli amici o avere la mia piccola attività che gestisco dalla casa in campagna. Per me il successo potrebbe essere fare un lavoro che mi permette di viaggiare continuamente. Successo potrebbe essere fare un lavoro che mi fa guadagnare tanto, a prescindere da quello che faccio (quindi sono più orientato al denaro).
Il successo è molto soggettivo. Credo che insomma siano quei piccoli ingredienti, se così vogliamo chiamarli, che magari possono aiutare a raggiungere quello che per ognuno di noi è il nostro successo e la nostra idea di successo.Questi, io credo, sono sicuramente:
- l’avere un obiettivo, un focus ben preciso. Quando mi alzo la mattina cosa mi piace andare a fare? Cosa mi rende contento? Fare quello che permette di star bene, quindi, e soprattutto averlo ben chiaro in mente.
- Poi avere ben chiara l’idea che dal cielo non casca nulla. Per carità, la fortuna ci vuole sempre e bisogna trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Ma se sto seduto a leggere i fumetti tutto il giorno, difficilmente qualcosa accadrà. Quindi sicuramente essere operativi, essere attivi, essere propositivi, quindi, cercare di vivere la vita e non semplicemente sopravvivere. Non galleggiare, insomma.
Se ci sono questi elementi, ognuno il suo successo e la sua idea-forma di successo, la può raggiungere, qualunque essa sia. Io ne posso avere una personale che tu non condividi, o viceversa, e così vale per chiunque. Però è importante che ognuno cerchi la sua strada perché poi fare un qualcosa che ti piace o, comunque, raggiungere quella che è la tua idea di successo, ripeto: ti permette anche di vivere meglio sotto tutti i punti di vista, che sono quelli relazionali, di salute e quant’altro”.
L’importanza di diversificare nella vita: la teoria di Elon Musk
Morris: “Prima, a microfoni spenti, mi parlavi del concetto di diversificazione. Questa cosa che sicuramente ti ha portato in campi dove magari non ne sapevi così tanto come nel tuo campo principale, ecco, dimmi un po’ questo: la diversificazione tu come l’hai vissuta? Ti apre che nella globalità sia stato qualcosa di positivo o è stato un po’ frustrante il fatto di dover diversificare? Dicci qualcosa su questo argomento”.
Ettore: “La diversificazione intanto non è sempre un bene. Esistono diverse teorie su questo. Tempo fa leggevo Elon Musk, che tutti sappiamo chi è, un accanito sostenitore della teoria “Learning anything faster” mi sembra. Secondo questa teoria bisogna conoscere più argomenti, più materie. Se, per esempio, leggo un libro di chimica (io da laureato in giurisprudenza non ne capisco niente, se non quello che ho studiato al liceo classico) posso comunque sfruttare queste cose studiate, anche se esulano dalle mie competenze e da quello che io faccio tutti i giorni, mi può permettere di capire meglio un’altra cosa e viceversa. Una sorta, quindi, di vasi comunicanti.
Secondo me è anche vero, per certi versi, che probabilmente l’ultra specializzazione ha i suoi vantaggi.
Nel caso mio specifico, io ho sempre avuto la tendenza a voler provare a fare tante cose e a farne tante diverse perché comunque mi piace iniziare dei percorsi nuovi. Questo perché è qualcosa che mi entusiasma e che mi dà una carica positiva e soprattutto perché sono uno che si annoia facilmente. Quindi nella libera professione che svolgo, mi sono ultra specializzato perché mi occupo quasi esclusivamente di questioni medico-legali. Sono infatti uno dei pochissimi qui nella zona e non solo che si occupa di dare assistenza per danni da sangue infetto e non faccio altro. Ho sempre e solo fatto questo. Però allo stesso tempo, avendo sempre avuto questa tendenza della diversificazione, ti posso dire che in questi anni mi sono anche occupato di consulenza in materia di marchi e brevetti, soprattutto nel settore moda e fashion; o che da qualche anno ho anche un ristorante giapponese qui nella mia città, molto carino anzi, insomma, invito chi ascolterà questa intervista a provare magari questo ristorante. Se non siete troppi, ovviamente siete miei ospiti in caso fatemi sapere con un po’ d’anticipo”:
Morris: “Come si chiama il ristorante?”
Ettore: “Il ristorante si parla Kaori, come la vecchia pubblicità dove c’era una ragazzina che si chiamava così. Anche se in giapponese vuol dire “fragranza, profumo”. Ho iniziato un po’ per gioco, come una scommessa fra me e gli altri soci, perché ci piaceva l’idea di poter avere un posto nostro. Un ristorante giapponese in zona non esisteva, siamo quindi stati i primi con i rischi e le opportunità del caso. Perché se sei il primo o va malissimo o va benissimo. Fortunatamente non è andata malissimo, quindi, è andata benissimo. Oggi è un bel posto, che funziona anche se ovviamente non lo gestisco in maniera diretta perché non ho le competenze e non ho il tempo.
L’importanza di un buon team per diversificare
Quindi quando vuoi diversificare è importante tenere in considerazione le risorse umane che purtroppo oggi sono la cosa più difficile da trovare. Anche qui nel mio studio ogni tanto sono costretto a cambiare qualche segretaria perché ti rendi conto magari che la risorsa non si va ad amalgamare bene con quelle che sono le tue esigenze di lavoro. Questo vale in tutte le realtà che si vogliono avviare, perché si possono anche fare 12.000 cose diverse, ma non si possono fare tutte da soli. Bisogna avere delle persone accanto, un team, una squadra e sperare che funzioni bene. Da ultimo riguardo anche al progetto di cui ti ho parlato per buona parte dell’intervista, relativo al brevetto anticontraffazione. Questa almeno è stata fino a oggi la mia idea di diversificazione. Per il futuro vedremo che cos’altro ci sarà in serbo”.
Morris: “Ettore, quanti anni hai?”
Ettore: “42 anni fatti a gennaio 2019”.
Morris: “Giovane e intraprendente quindi. Ne hai fatte di esperienze nella vita”.
Ettore: “Il fatto che ancora qui a quest’ora sia ancora qui studio la dice lunga sui miei ritmi. Purtroppo questa cosa mi lascia poco tempo per dedicarmi a un’altra cosa a cui ho dedicato tanto tempo negli anni che è la musica, visto che suono pianoforte. Quindi ho poco tempo per suonare il mio pianofortino a casa, anche se appena posso lo faccio”.
Morris: “Certo. Benissimo oggi siamo stati un po’ più lunghi del solito. Ma c’erano tanti temi da affrontare. In ogni caso, come sempre, come piace chiudere a me le interviste: “Cambia vita in 15 minuti!”
Ettore: “Cambia vita in 15 minuti!”
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