Anche in un settore dove la concorrenza è alta è possibile innovare. Scopri come l’architettura diventa un settore innovativo e proficuo nell’epoca del cambiamento. Stefano Iattoni è un architetto di Mantova che da anni lavora in proprio avendo una selezionatissima clientela.

 

L’inizio di un’avventura

Le opinioni espresse dai soggetti intervistati non rispecchiano quelle degli autori del sito e del titolare del medesimo.

Morris : “ Ciao! benvenuto/benvenuta a te che ci ascolti. Oggi siamo insieme a Stefano Iattoni. Ciao Stefano!”

Stefano: “ Ciao! Ciao Morris e ciao a tutti! Grazie per questa opportunità.”

Morris: “Grazie a te per essere qui con noi. Allora dunque, architetto in questo particolare momento di storia dell’Italia (e anche del mondo). Dicci un po’: in che cosa sei specializzato per quella che è la tua professione, nello specifico? Perché sai, ‘architetto’ può voler dire tante cose e al tempo stesso ognuno ha il suo, ecco, ognuno ha il proprio ruolo.”

Stefano: “ Esatto, proprio come dici tu, ‘architetto’ vuol dire tutto e niente, nel senso che i campi e i settori in cui si può spaziare in tutti i sensi sono davvero molteplici. Nel mio caso diciamo che soprattutto la mia attività in questi anni si è sviluppata su 3 ambiti: la progettazione, ovviamente, in primis, dall’interior design alla progettazione sia di nuovo che di edilizia esistente; la riqualificazione energetica, come secondo ambito, da qui partendo soprattutto con l’edilizia esistente, è stato finalizzato l’ottimizzazione quindi il miglioramento delle prestazioni energetiche dell’involucro e di tutti i moduli pre-esistenti; come terzo ambito il settore invece delle perizie tecniche, perizie di stima, collaborazione appunto come tecnico del tribunale, e cose di questo genere diciamo. Quindi appunto diversi ambiti, in parte ‘complementari’ tra di loro, possono susseguirsi le prestazioni una dopo l’altra, o totalmente distaccate.”

Morris: “ Certo, ottimo. Spero di non incartarmi più con le parole perché so che quando mi riascolterò la domanda di prima sarà posta malissimo… speriamo di andare meglio da adesso in poi! Mi parlavi delle tue esperienze che hai avuto sì, in Italia, ma anche di esperienze che hai fatto all’Estero, proprio nel tuo ambito e nei progetti che tu segui. Parlami un attimo meglio di questa cosa.”

Stefano: “ Esatto, infatti. Proprio con questo intento, che era l’intento con cui era stato creato lo studio di cui sono titolare, c’era l’intenzione di coprire più ambiti e questo mi ha dato l’opportunità di aprire anche delle collaborazioni all’estero: per un brevissimo periodo in Cina, ma per un periodo più continuativo, di alcuni anni, collaborazioni con il Sud America, in particolar modo il Brasile. Questa tipologia di collaborazione è dovuta al fatto, come dicevo, di poter prestare il proprio operato in un ambito magari settoriale molto particolare non presente o per il quale è richiesta una posizione o un ruolo particolare in quel contesto geografico.”

Morris: “Certo. Quindi Cina e Sud America dicevi.”

Stefano: “ Esattamente. Senza mai dimenticarti o comunque tralasciare la propria città, intendiamoci.”

Morris: “ Certo! Però diciamo che è sempre una cosa positiva essere dalle larghe vedute, quindi il fatto stesso che un professionista scelga di prestare la propria opera professionale anche in contesti molto lontani da casa, vuole anche dire sostanzialmente usare la flessibilità. Perché vuol dire andare in ambienti dove magari le costruzioni sono diverse, i materiali sono diversi, le mentalità di chi usufruisce di quelle strutture sono diverse, per cui, per carità, il design italiano è famoso nel mondo; ma al tempo stesso non è detto che il design italiano di architettura che vedono all’estero, che pensano sia quello italiano, effettivamente corrisponda a quello che è di fatto. Come la pizza a New York non è come la pizza che mangiamo noi in Italia, potrebbe essere la stessa cosa anche per le strutture di design italiano che vedono all’estero. ”

Morris: “ Sicuramente, infatti la flessibilità, come hai detto, è un requisito fondamentale che ho dovuto sviluppare. Sì, possiamo dire che l’ho sempre
ritenuto importante, ma l’ho dovuto sviluppare in questi anni per rispondere alle esigenze del mercato, ma potrei dire ancora di più alle esigenze proprio sociali; sì, nella nostra professione, ma si può anche considerare, visto il periodo economico in cui troviamo, un discorso che si applica un po’ a tutte le professioni, la flessibilità, la capacità di adattarsi a nuove esigenze, non solo la domanda del mercato, ma anche come tipologia di offerta che uno può offrire, e il poter spaziare, nel mio caso, non solo da un intervento bello ma un intervento architettonico efficiente dal punto di vista energetico, che possa dare un risparmio, un intervento
che possa rappresentare un investimento economico, per cui è necessario calcolarne l’investimento iniziale, il costo dell’intervento, un possibile cambiamento, rivendita dell’immobile… E’ necessario andare oltre il classico vecchio lavoro del progettista, ‘disegnino’, come si suol dire, e fine dei giochi. Questa flessibilità è fondamentale, la flessibilità sta anche nel sapersi adattare a contesti lavorativi differenti, quali i contesti esteri, il rapporto tra acquirente e professionista è in primis un rapporto totalmente diverso, ci sono delle dinamiche locali socio-politiche differenti, e ci sono appunto i contesti stessi di reperibilità di materiali, materiali usati anche come consuetudine, e penso alla Cina con l’utilizzo dell’acciaio e al contrario in Sud America, con una qualità superiore anche dei nostri, all’utilizzo di calcestruzzo, e assolutamente mancato utilizzo di acciaio. Adesso ho fatto degli esempi rapidissimi, ma per far capire appunto queste antitesi, alle quali è necessario sapersi adattare per rispondere appunto alle problematiche che ci si trova ad affrontare.”

Cambiamento e architettura: come innovare?

Morris: “ Ecco, infatti. La mia prossima domanda è legata al cambiamento, che sugli immobili soprattutto (gli immobili stanno fermi) quindi il cambiamento, come condizione del mercato in cui tu ti muovi e di quella che è sostanzialmente la richiesta della tua professionalità, sicuramente è cambiata nel corso del tempo. Da quanti anni fai questo lavoro?”

Stefano: “ Sono più di 10 anni e diaciamo che ho fondato il mio studio circa 8 anni fa, ma prima praticavo questa professione sotto altre realtà.”

Morris: “Come hai affrontato, nel corso di questo lungo periodo, il cambiamento? Cosa è cambiato all’interno del tuo modo di lavorare, di interfacciarti col cliente e in tutte le operazioni che fai?”

Stefano: “ E’ cambiata soprattutto la visione del futuro, ovvero riprendendo quanto dicevo prima della flessibilità, ho imparato a capire che la flessibilità comunque non era un requisito momentaneo, dei primi anni, e che poi le cose si sarebbero stabilizzate col tempo, tutto il contrario posso dire adesso. La necessità di tenersi aggiornati, tenersi al passo con i tempi e di poter essere sempre prestanti, in senso professionale, in base alle esigenze sapere di che cosa stiamo parlando, sia dal punto di vista normativo, sia del punto di vista delle nuove tecnologie, visto che siamo sempre in evoluzione di giorno in giorno, è una necessità fondamentale. Al tempo stesso, appunto, le esigenze con il tempo, con gli anni, diventano sempre più, come dire, competenti, nel senso: non c’è più il tecnico cultore della materia e competente che non è più aggiornato, con tutti i mezzio, secondo il mio parere; e non solo, posso anche dire: anche nelle cose p d’informazione che abbiamo a disposizione ci troviamo sempre naturalmente competenti, che hanno quantomeno un’infarinatura dove vengono a presentare delle domande molto specifiche. Pertanto è necessario sapersi porre sempre al meglio. Questo è saper affrontare il cambiamento, pratiche, ogni tot. anni mi è capitato di dover cambiare l’ufficio, sia come posizione geografica che come distribuzione interna, come apparecchiature che utilizzavo. Ho imparato a non viverli più come periodi momentanei, in attesa di un ipotetica e utopica situazione definitiva finale, in realtà è giusto considerare questo come semplicemente il gradino che veniva prima del gradino successivo, e ce ne saranno altri, e sempre altri. Questa è la vera stabilità: la stabilità nel sapersi muovere nel tempo.”

Morris: “ Ok, e qual è, dal tuo punto di vista, o quali sono, dal tuo punto di vista, le difficoltà che hai dovuto affrontare di più nel corso del tempo e come le hai superate?”

Stefano: “Alcune difficoltà sono state appunto il dover rispondere ad alcune esigenze mai avute prima di allora, in realtà nuove come queste realtà estere, oppure difficoltà più che altro emotive: quando alcuni anni fa, potremmo dire i primi anni di professione, in cui avevo il mio studio in proprio, avevo avuto l’opportunità di poter essere architetto progettista titolare e direttore dei lavori di un intervento alla copertura del transetto del Duomo della mia città, di Mantova. Questa situazione che diciamo mi aveva messo al centro dei riflettori è soprattutto stata una sfida con me stesso. Alla fine è andato tutto per il meglio, ma mi sentivo molto, come dire, in soggezione, però ero prima di tutto sotto l’esame di me stesso. Quindi questa la vedo come difficoltà che adesso so superare con maggiore sicurezza, maggior serenità, rispetto ai primi tempi.”

Burocrazia che fatica!

Morris: “Visto l’argomento che trattiamo, ti faccio una domanda che mi incuriosisce perché, dal mio punto di vista, hai una grandissima qualità e una grandissima pazienza che io non avrei assolutamente, cioè la burocrazia con cui ti devi ogni giorno interfacciare ti porta sicuramente a dover essere molto paziente. Allora a questo punto ti chiedo: rispetto a quando hai iniziato a lavorare, le cose sono rimaste uguali? Oggi c’è più burocrazia che allora? Si riesce comunque a gestire? C’è flessibilità da parte degli Enti che si occupano, appunto, di queste cose? Come funziona? Perché una delle prime cose che a me viene in mente quando penso al lavoro dell’architetto è: bisogna interfacciarsi con diversi Enti, e quindi bisogna insomma essere, in qualche modo, bravi mediatori.”

Stefano: “ Ecco, questa tua domanda io la potrei sintentizzare come se tu mi stessi dicendo: qual è la tua più grande difficoltà del momento? Non del passato, come mi hai chiesto prima. La difficoltà del momento è proprio, a mio avviso la burocrazia, che sta peggiorando, a mio parere, nel senso che sta crescendo sempre di più e soprattutto più velocemente, nel senso che una volta si vedevano aggiornamenti anche normativi, quindi nuove norme e leggi, nuovi adempimenti, nuove presentazioni delle pratiche, questi avvenimenti succedevano a distanza di qualche anno. Adesso potrei dire che praticamente tutti gli anni ci sono degli aggiornamenti, a volte anche più volte nello stesso anno. Questa cosa sta davvero cambiando la modalità lavorativa, torniamo a quello che ti ho detto prima, cioè la difficoltà del mantenersi sempre aggiornati. E nonostante la globalizzazione che viviamo, posso dire purtroppo che non c’è in Italia una globalizzazione delle procedure, in quanto dobbiamo ancora sottostare a regolamenti locali, uffici locali con modalità regionali differenti di zona in zona per la presentazione. Essere in grado sempre di lavorare, quindi sapersi muovere in queste normative, di caso in caso, in diverse regioni, è una sfida. E’ una sfida stimolante e sicuramente una sfida stressante ed è, a mio avviso, la grossa difficoltà del momento.”

Morris: “ Bene! A questo punto grazie, Stefano, del tuo intervento. Spero che chi ci sta ascoltando possa trovare e trarre degli utili spunti da questa intervista. I tempi sono stati perfetti, come sempre, quindi come piace a me chiudere le interviste, ti dico: cambia vita in 15 minuti!”

Stefano: “ Cambia vita in 15 minuti!”

Morris: “ Grazie Stefano, ciao!”

Stefano: “ Grazie a voi! Ciao Morris”

www.stefanoiattoni.it

Fonte foto: LinkedIn

 

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